Un argomento ampio e complesso: in un’Italia sempre più digitale, il digital divide esiste ancora.

Secondo un rapporto elaborato da Huawei rispetto allo stato della trasformazione digitale di 79 paesi, sono stati presi in esame 4 abilitatori digitali ( intelligenza artificiale, cloud, internet delle cose e banda larga) e 4 pilastri economici (distribuzione, domanda, esperienza e potenziale) misurando per ognuno diversi indicatori, con l’obiettivo di elaborare un punteggio della digitalizzazione per ogni Paese.

Anche in Italia si segnalano alcune tendenze positive, soprattutto in termini di esperienza digitale e potenziale tecnologico.

 

Nel 2020, infatti, l’Italia ha registrato una crescita dei due indicatori dell’esperienza e del potenziale (quest’ultimo è tra i due quello cresciuto di più rispetto al 2019) che fanno ben sperare.

 

“Abbiamo osservato alcuni indici che sono cresciuti più degli altri e altri che non sono cresciuti granché, ma che restano ad ampio margine di crescita. Tra i primi rientrano la spesa in ricerca e sviluppo, il contributo dell’IoT e l’impatto sui modelli di business, mentre tra i secondi figurano la forza di lavoro IT, su cui abbiamo molto da fare, e le infrastrutture di banda larga».

 

Sul fronte della connettività si segnala un ritardo che in realtà è europeo, ancor prima che italiano.

 

«Siamo indietro rispetto a Stati Uniti e Cina in termini di copertura, a causa della frammentazione geografica, regolamentare e di mercato. Se andiamo più nello specifico, sicuramente alcuni elementi come i costi degli investimenti e l’accesso alla rete fissa non stanno aiutando».

 

Restano in essere comunque, alcune problematiche sorte e legate principalmente alla DAD e all’utilizzo della connessione a casa da parte degli studenti.

Viene reso noto che, in alcune aree del Paese, quattro studenti su 10 sono esclusi da una connessione Internet accettabile, rappresentando “uno svantaggio di vita terribile”.

Questa pandemia, ha insegnato a tutti a gestire e lavorare da remoto, ma permane il rischio che il covid abbia allargato le distanze anziché chiuderle.

 

In un rapporto pubblicato a inizio 2021, è emerso che «Il 69,2% dei cittadini italiani usa regolarmente internet. Solo dieci anni fa, gli utenti abituali del mondo digitale erano appena il 43,9%.” Quindi, dietro a un importante dato della crescita della digitalizzazione, dall’altra parte, si nasconde ancora un digital divide importante: le donne sono meno propense al digitale degli uomini, gli anziani continuano ad avere meno familiarità con la tecnologia e il Sud rimane pesantemente penalizzato.

 

Secondo Istat, infatti, il gap tra Nord e Mezzogiorno si è allargato invece di chiudersi: nel 2020 è di 10 punti percentuali, 3 in più rispetto al 2010. Ad alimentare queste disparità c’è il nodo infrastrutture.

 

«Muoverci rapidamente in questa direzione è necessario, perché il digital divide sta già penalizzando molti cittadini e molte aziende, se è vero – che nel 2020 un terzo delle famiglie italiane non dispone di computer e accesso a Internet da casa. Questa situazione rischia di creare un’emergenza educativa per i milioni di giovani in didattica a distanza. Bassi livelli di istruzione e dispersione scolastica sono fenomeni da controllare con attenzione, anche perché la capacità di innovare, essere creativi e di competere con gli altri Paesi su questi fronti è assolutamente correlata al livello generale di istruzione della popolazione e alla quantità di investimenti in istruzione e ricerca.»

 

Sperando che la lezione del Covid-19 non sia stata vana, l’esperienza della pandemia ha dimostrato in maniera incontrovertibile che digitalizzarsi è diventato un imperativo e questa è una priorità.